GINO SEVERINI. BISOGNA FAR CANTARE I COLORI

Ideazione e regia: Irene Pantaleo e Lia Polizzotti

Direzione scientifica: Daniela Fonti e Romana Severini

Produzione esecutiva: Lia Polizzotti

Riprese e montaggio: Irene Pantaleo

Produzione: Comune di Cortona, Maec Cortona, Museo dell'Accademia Etrusca

Realizzazione: Art Doc Festival - Inquadro Srl

 

Tra gli ideatori del Futurismo, esponente del Cubismo e anticipatore del “ritorno all’ordine”, Gino Severini è stato uno dei protagonisti indiscussi del panorama artistico del Novecento. Amico di Balla e Boccioni si accosta al divisionismo nella Roma dei primissimi anni del secolo scorso. Nel 1906 si trasferisce a Parigi, attirato dall’entusiasmo di Balla per la vivacità culturale della città simbolo della modernità europea. Nella piazza principale di Montmartre incontra il mondo dei pittori francesi e stranieri e conosce Picasso, Dufy, Braque, Valadon, Utrillo e Modigliani immergendosi nel clima vitale della capitale francese, fra teatri e cabaret. Nel 1910 firma con Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo e Balla il primo Manifesto della Pittura Futurista e nei mesi successivi dipinge alcune fra le sue tele più celebri, una fra tutte, la colossale Danse du Pan Pan a Monico . È proprio la danza con i suoi corpi in movimento, la luce cangiante sugli abiti scintillanti, a catalizzare la sua attenzione sperimentale e imporsi come tema dominante del suo periodo futurista. Come un corpo che danza è presente anche la città di Parigi con le sue folle colorate che sciamano tra le luci dei boulevard o si muovono frenetiche sugli autobus e sulle metropolitane. In quegli anni Severini assiste alla nascita del mondo moderno e lo traspone nella sua pittura attraverso colori sfavillanti di luce e movimento. La Prima guerra mondiale sarà una ferita lacerante, anche per la perdita di Boccioni e più tardi del poeta Guillaume Apollinaire, suo grande amico e sostenitore, ma porterà con sé un ripensamento teorico sull’intero problema della pittura che lo farà approdare al linguaggio cubista. Nel 1916 però Severini dipinge Maternità, un quadro classico, che recupera le regole dei maestri rinascimentali e che verrà considerato dalla critica fra le prime forme del “ritorno all’ordine”, la corrente che dominerà l’arte europea fra le due guerre. Il recupero della tradizione classica si riflette anche nell’utilizzo di antiche tecniche quali il mosaico e l’affresco, che Severini apprende e reinterpreta in chiave moderna. Ne sono una testimonianza i “mosaici da cavalletto” e gli affreschi religiosi per le chiese Svizzere realizzati a partire dagli anni ’20 per tutto il corso della sua vita. Negli anni trenta Severini torna a Roma, richiamato da importanti esponenti del movimento dei “Muri ai pittori” promosso da Funi, Campigli, Sironi e Carrà e vince il Gran Premio per la Pittura alla Quadriennale. Da quel momento inizia per lui un prolifico periodo di committenze pubbliche che lo portano a collaborare con importanti esponenti dell’architettura moderna come Gio Ponti e Luigi Moretti. Il ritorno in Italia gli darà l’occasione anche per riallacciare il rapporto con la sua città d’origine, Cortona, per la quale realizzerà a guerra finita la suggestiva Via Crucis e il grande pannello di San Marco. A raccontare questa lunga storia che si intreccia con eventi storici e artistici che hanno segnato il corso del Novecento, sono Romana Severini, figlia dell’artista e testimone in prima persona di tanti avvenimenti, e Daniela Fonti, storica dell’arte e autrice del catalogo generale delle opere del pittore. Il documentario è stato realizzato in occasione del nuovo allestimento delle sale Gino Severini del Museo Maec di Cortona ed è visibile presso le stesse.

Italia, 2021, 65’, italiano con sottotitoli in inglese